Home News Il 10 APRILE LA “GIORNATA MONDIALE DEL PARKINSON”

Il 10 APRILE LA “GIORNATA MONDIALE DEL PARKINSON”

Boston Scientific: In Italia 500.000 Parkinsoniani. La Neurostimolazione Cerebrale per ridare qualità alla vita

In Italia sono 500.000 pazienti colpiti dalla malattia di Parkinson che si colloca come la seconda patologia neurodegenerativa più comune, dopo l’Alzheimer. La patologia, progressiva e fortemente invalidante, è caratterizzata da tremori involontari, lentezza nei movimenti, rigidità degli arti, mancanza di equilibrio. 

La dimensione del problema è evidenziata dalla  Organizzazione Mondiale della Sanità che prevede ben 12 milioni di Parkinsoniani  entro il 2040, con una prevalenza di uomini  ( 1,5 volte superiore alle donne )

Ma uno degli aspetti più preoccupanti riguarda l’età di esordio della malattia che si è notevolmente abbassata, smentendo il “luogo comune” secondo il quale la patologia colpisce prevalentemente gli anziani. Le evidenze segnalano che la metà dei casi insorge tra i 40 e i 58 anni , il 25% tra 20 e 40 anni, mentre solo il restante 25% riguarda pazienti over 80. 

Della malattia e delle sue implicazioni personali, mediche, sociali, si parlerà domenica 10 aprile, nella “Giornata Mondiale del Parkinson”, per ricordare che la cura di questa malattia è una delle grandi sfide del futuro.

Non mancherà, nelle analisi degli esperti, l’impatto che il Covid ha avuto e continua ad avere sui pazienti parkinsoniani, le cui condizioni sono notevolmente peggiorate sia dal punto di vista fisico che psicologico. Va ricordato, infatti, che questi malati soffrono di problemi motori che rendono difficili semplici gesti di vita quotidiana ma, anche, di disturbi collaterali non strettamente fisici ma ugualmente rilevanti . Relazioni interpersonali difficoltose, distanze, mancanza di attività fisica generano ansietà, depressione e decadimento cognitivo. Si aggiunga che la pandemia e le difficoltà negli spostamenti hanno limitato i supporti infermieristici e le sedute di fisioterapia rinviando o annullando molte visite di controllo .

Un’ emergenza che le soluzioni tecnologiche (consulenza telefonica, WhatsAPP e videochiamate, Zoom e videoincontri) hanno parzialmente alleggerito ma che evidenziano ancora una volta la fragilità e “dipendenza” di questi pazienti, connotando la malattia di Parkinson come un enorme problema medico e sociale. 

In termini clinici, la malattia di Parkinson (da James Parkinson, farmacista chirurgo londinese del XIX secolo che per primo ne descrisse le caratteristiche) rientra nelle patologie definite “Disordini del Movimento”. La sua insorgenza va ricondotta alla progressiva morte dei neuroni situati nella “sostanza nera”, piccola area del cervello che, attraverso la dopamina, controlla i movimenti del corpo. La perdita di oltre il 60% di queste cellule genera la patologia che solitamente interessa  una metà del corpo e si manifesta con sintomi quali tremori involontari di alcuni organi (una mano, un piede); rigidità muscolare che rende difficili o impossibili molti movimenti; bradicinesia, ovvero il rallentamento progressivo delle attività motorie; acinesia, cioè difficoltà ad iniziare un movimento; instabilità posturale e conseguente perdita dell’equilibrio; congelamento dell’andatura, anche noto come “freezing of gait”, una situazione improvvisa e transitoria (dura pochi secondi) nella quale il paziente è incapace di iniziare o proseguire qualsiasi movimento.

Ai sintomi che riguardano l’area motoria se ne associano altri, spesso non identificati, quali postura curva, voce flebile, difficoltà di deglutizione, stipsi, disturbi urinari, pressione arteriosa, ecc.

Ad oggi la malattia di Parkinson viene considerata “incurabile” e affrontata con un insieme di strumenti soprattutto finalizzati a migliorare i sintomi: monitoraggio, trattamenti farmacologici, interventi chirurgici, supporti psico-sociali, esercizio fisico, dieta bilanciata aiutano a convivere con una quotidianità molto difficile. Le terapie farmacologiche puntano a mantenere situazioni di “equlibrio” per lunghi periodi, come la levodopa (L-DOPA, precursore della dopamina), terapia non sempre facilmente reperibile ma che può migliorare la sintomatologia parkinsoniana anche per anni; a questa  si possono aggiungere gli inibitori delle monoamino ossidasi B (MAO-B); gli anticolinergici per il controllo del tremore; l’amantadina impiegata nelle forme iniziali oppure, ancora, gli enzimi deputati a degradare la levodopa e che vengono impiegati per renderla più tollerabile.

È però sul fronte della “neurochirurgia funzionale” che la scienza ha fatto i passi più significativi. Soprattutto con la Stimolazione Cerebrale Profonda (Deep Brain Stimulation-DBS), oggi la procedura chirurgica più evoluta per ridurre i sintomi legati ai disturbi del movimento 

La DBS è un intervento efficace e sicuro che prevede l’introduzione di un sottilissimo elettrodo nella zona del cervello responsabile dei tremori, collegato a un piccolo stimolatore impiantato sottocute, all’altezza della clavicola. Gli impulsi elettrici arrivano a stimolare il “centro nervoso” individuato come bersaglio e favoriscono la migliore trasmissione dei segnali dal cervello , riducendo drasticamente i sintomi motori. 

Annachiara Albanese