Il Dottor Carmine Romano, radiologo, si occupa di assistenza domiciliare
di Danilo Quinto
Com’è iniziata la sua esperienza di radiologo?
Prima della fine del corso di laurea – era il 2002 – sono stato assunto per direttissima al San Matteo Hospital di Pavia, del Gruppo San Donato, sia per le mie competenze tecniche, sia per mancanza di personale, come borsista, acquisendo un’ottima conoscenza della radiologia tradizionale, utilizzando ancora la camera oscura. Successivamente, sono stato assunto presso il Policlinico San Donato Milanese-Gruppo San Raffaele di Milano. Ho lavorato per due anni sia in Radioterapia, sia in Radiologia Tradizionale ed ho imparato ad usare l’Acceleratore Lineare da 6 Mev per Terapia Oncologica e Simulatore.
Quando ha iniziato a svolgere l’esperienza domiciliare?
Con un gruppo di San Donato Milanese. Andavamo in giro per le case con la camera oscura allestita in un grosso camper. Sviluppavamo con gli acidi. Sto parlando degli anni 2002-2003. Andavamo nei Comuni che logisticamente parlando erano impossibili da raggiungere. Nonostante siano trascorsi vent’anni, ci sono ancora Comuni abbandonati dal punto di vista sanitario. Questo è stato il grosso problema di Bergamo e Brescia, durante la pandemia, perché ci sono luoghi nelle valli difficilissimi da raggiungere. È un gap che difficilmente si potrà colmare, finchè non si comprenderà come l’assistenza domiciliare possa essere integrata con l’assistenza sanitaria pubblica.
Dopo gli anni a Pavia e al San Donato Milanese, quali altre esperienze ha fatto?
Professionalmente, la mia più grossa esperienza è stata quella con il Policlinico di Monza, dove ho lavorato per tanti anni nel reparto di Radiologia. Ho lavorato principalmente per le strutture di Vercelli, Monza, Novara e Alessandria. Sono stato vice-responsabile dell’Area di Radiologia Medica.
Come avviene l’ “incontro” con il Covid?
Ero a casa ad Alessandria. Ero appena tornato da un’esperienza dall’estero. Il primo paziente Covid è stato rivelato a Codogno, molto vicino a dove risiedevo. Una sera mi ha chiamato il Comune di Azzano perché era scoppiata l’emergenza. Quando sono arrivato all’aeroporto di Orio al Serio, l’ho trovato completamente vuoto. Allora, ho capito che cosa stava succedendo. Poi, mi ha colpito il rumore assordante delle ambulanze. Quando sono stato immerso nella situazione d’emergenza – come responsabile e coordinatore dei presidi di Radiologia Domiciliare – il virus me lo sentivo addosso e ho avuto paura, è inutile negarlo, perché non si sapeva niente di quanto stava accadendo. Il primo paziente che ho assistito a Bergamo desaturava 70- 72, con un deficit respiratorio veramente impressionante. Il secondo paziente era una sognora con la bara del marito vicino a lei. Queste scene per me rimarranno per sempre impresse.
Quanto tempo è rimasto a Bergamo?
Sei mesi. Ho fatto l’intera prima emergenza del 2020, andando nelle case delle persone a fare le RX TORACE per polmoniti interstiziali, non ospedalizzate perché non erano sufficienti le ambulanze. C’era una lista d’attesa che durava giorni. Il Comune di Azzano decise di fare questo servizio, che si avvaleva anche di personale volontario, quasi completamente gratuito. Tutti i pazienti che ho trattato, insieme ad un medico di base precario di origine sicialiana che mi accompagnava, si sono salvati e curati a casa, senza ospedalizzazione, garantendo l’assistenza domiciliare a casa. Abbiamo cercato, con successo, di alleggerire il lavoro dei Pronto Soccorsi e degli Ospedali e ci siamo riusciti.
Dopo l’esperienza di Bergamo, che cosa è avvenuto?
A partire dal mese di settembre del 2020, in base all’esperienza acquisita, ho proposto a molti Comuni italiani di attrezzarsi per l’autunno, perché ritenevo fosse necessario rafforzare l’assistenza domiciliare. Purtroppo, le proposte sono state rifiutate. Non mi chieda perché, ma questo è quello che è avvenuto.
Quando avviene la decisione di trasferirsi in Puglia?
Ad ottobre del 2020, soggiornavo ad Avellino e vengo chiamato dall’ASL3 di Napoli per organizzare il territorio di competenza. Preparo il progetto, ma non ricevo risposta. Mi trasferisco a Caltagirone, dove ero stato chiamato e lì mi chiama la clinica Mangialardi, di Polignano a Mare, vicino Bari. In quello stesso periodo, ricevo una proposta di lavoro dalla SGA di Conversano, un grosso gruppo di Radiologia, sempre vicino Bari, con il quale tuttora lavoro. Il mio obiettivo era però di creare l’assistenza domiciliare in questo territorio, perché amo entrare nella casa del paziente, dare assistenza e soprattutto mi piace la rassicurazione che vedo negli occhi del paziente quando questi vede un medico entrare nella sua casa. Mi radico, quindi, definitivamente in Puglia, in particolare nella provincia di Bari ed inizio a svolgere quest’attività che mi appassiona molto.
Che tipo di prestazioni domiciliari svolge?
Qualsiasi tipo di radiografia. Si usano radiazioni a basso dosaggio, pochissimo danno radioattivo, con una performace importante. È uno strumento fondamentale per la telemedicina, che dovrebbe essere potenziata e diffusa.
Progetti per il futuro?
Vorrei creare un vero e proprio Pronto Soccorso a domicilio, un “intermezzo” che manca tra paziente e ospedale, presente 24 ore su 24. Spero di riuscirci.