di Ornella Cilona
Le norme internazionali sono il nuovo terreno di scontro fra superpotenze. Dopo anni di predominio statunitense negli standard sull’alta tecnologia, Pechino lancia l’ambizioso progetto “China Standards 2035”, che si propone di trasferire all’ex Impero di Mezzo la paternità delle norme più avanzate in meno di quindici anni. “Questo progetto potrebbe portare a una guerra fredda tecnologica”, avverte Arjun Gargeyas sulle colonne della rivista internazionale “The Diplomat”.
L’ente di normazione cinese Sac, forte del peso “soft & hard” del suo Paese, punta, infatti, alla conquista dei mercati globali da parte delle imprese di Pechino, imponendo a immagine e somiglianza di queste ultime i contenuti degli standard internazionali. Le proposte di norme presentate dalla Cina riguardano, inoltre, tecnologie conformi ai suoi valori sociali e politici, senza contare il fatto che chi scrive sistemi di gestione e specifiche tecniche nei settori hi tech influenza anche le decisioni dell’Omc, l’organizzazione mondiale del commercio.
L’ombra di Pechino si estende anche su ambiti normativi lontani dalle tecnologie. Nei mesi scorsi, i delegati del Sac hanno proposto all’Iso (International Organization for Standardization) un gruppo di lavoro mirato alla pubblicazione di uno standard nel campo della “gig economy”. L’intento era quello di dettare le regole sulle nuove forme di organizzazione dell’economia digitale ma l’opposizione degli Stati Uniti e di alcuni Paesi europei ha portato al ritiro della proposta.
Dietro l’apparenza un po’ arida delle norme tecniche si cela, insomma, un braccio di ferro politico fra Washington e Pechino su chi deve dire l’ultima parola sul 5G, sull’intelligenza artificiale, sulle batterie al litio, sulla tecnologia quantica e sull’idrogeno. Se poi consideriamo che gli standard sono sì volontari ma sempre di più chiamati in causa dalle leggi, esercitando di fatto un potere giuridico su scala globale, appare evidente l’entità della posta in gioco. “Le norme tecniche portano forza politica – è il parere del ricercatore svedese Tim Rühlig – Il loro reale potere risiede, infatti, nelle implicazioni politiche nascoste”.
E l’Europa? Il rischio è che nel conflitto fra i due colossi del pianeta diventi il vaso di coccio. Per questo motivo, Thierry Breton, commissario Ue per il mercato interno, chiede da tempo un ruolo forte del Vecchio continente sul piano normativo. “L’Europa – ha dichiarato Breton, intervenendo a fine luglio all’Universidad Internacional Menéndez Pelayo – deve dotarsi di un arsenale regolamentare che l’aiuti a realizzare le sue ambizioni nel campo della politica industriale”. Per Breton, il modello da seguire è quello dello standard GSM per i telefonini, che trent’anni fa sancì la supremazia commerciale dell’Ue nel settore.