di Stefania Tucci
Nel 2008 il professor Giovanni Arrighi, economista e sociologo alla Johns Hopkins University di Baltimora, negli Usa, scrisse il libro “Adam Smith a Pechino” in cui rileggeva le tesi dell’economista e filosofo scozzese identificando nella Cina del ventunesimo secolo quel tipo di economia di mercato non capitalistica prevista da Smith nella seconda metà del 1700.Il padre dell’economia politica infatti, oltre ad aver teorizzato la “mano invisibile del mercato” che riequilibra la tensione tra gli impulsi egoistici e quelli sociali, nell’acclamato “Ricchezza delle nazioni”, sottolinea come la concorrenza generata dall’intensificarsi dell’attività economica genera inevitabilmente un calo drastico dei profitti generali, ed il monopolio non è mai la soluzione nella misura in cui impedisce appunto l’aumento dell’attività economica, con la quale la concorrenza condivide un circolo virtuoso.Inoltre, è opinione di Smith che la mancanza di concorrenza rafforzi eccessivamente il potere dei singoli capitalisti in termini economici ed anche politici: dal momento che su questo nessuna mano invisibile può esistere, è necessario che lo Stato intervenga mantenendo un adeguato livello di libera concorrenza ma non, come si dice oggi, per liberare il mercato, quanto per incatenarlo ad una legge che indebolisce i capitalisti, nella misura in cui, secondo Smith, concorrenza significa sempre bassi profitti per i capitalisti singoli.A parere di chi scrive, l’economia cinese, che negli ultimi quarant’anni ha generato una crescita ed una ricchezza con una rapidità che non ha eguali nella storia di nessun altro Paese al mondo in alcuna epoca, si trova oggi in una fase in cui il governo centrale ha deciso di intervenire per correggere alcune tendenze che potrebbero causare danni e inceppare il sistema che ha consentito lo sviluppo, inteso non solo in termini economici ma anche, e soprattutto, sociali.
In Cina sono stati fondati e hanno prosperato alcuni campioni mondiali di società high tech, quali Alibaba (che ospita il doppio delle attività di ecommerce di Amazon), Tencent (che conta un miliardo e duecento milioni di utenti), Didi (il servizio di driver con conducente simile a Uber che ha capitalizzato con la sua quotazione a New York 4,4 miliardi di dollari), Meituan (food delivery), Kanzhun’s Boss Zhipin (recruitment), compagnie di private tutoring quali TAL Education Group e Gaotu Techedu. Tutte queste importanti attività sono finite sotto la lente di osservazione delle autorità di Pechino che hanno anche bloccato la disponibilità di energia di società di mining di criptovalute.Molti si sono interrogati sul perché il governo di Pechino sembra aver invertito la rotta penalizzando “the animal spirits” che si erano scatenati dopo la famosa dichiarazione di Deng Xiaoping (“Arricchirsi è glorioso!”) e dopo aver “eletto” imprenditori come Jack Ma a campioni nazionali da mostrare all’estero, tempio del capitalismo quale il Forum di Davos incluso. Questo nuovo corso è cominciato con lo stop alla quotazione di Ant (braccio finanziario di Alibaba) a New York, ed è proseguito con una serie di richieste soprattutto riguardo ai sistemi di protezione che usano le società private nell’utilizzare i Big Data, prezioso carburante dei sistemi di intelligenza artificiale, e alle finalità che gli algoritmi devono perseguire.Analizzando le singole motivazioni con cui il governo cinese sta intervenendo nel regolamentare l’attività dei suoi campioni high tech, si scorge come queste siano le stesse che guidano l’azione dei governi americani ed europei.Contemporaneamente alle attività di Pechino, a Washington la Federal Trade Commission ((FTC), che tutela i consumatori e protegge la concorrenza, ha presentato una integrazione di denuncia per la posizione di monopolio nel settore dei social network di Facebook, Instagram e Whatsapp, chiedendo al patron Mark Zuckerberg di separare le sue tre attività, anche con una vendita forzata.Il presidente Usa, Joe Biden, ha nominato Lina Khan, professore associato di legge alla Columbia University, nota per le sue posizioni anti monopoli, a presidente della FTC.Analoghi provvedimenti a tutele dalla concorrenza vengono adottati dalla Commissione europea con divieti di acquisizioni di aziende da parte di altre. Inoltre Bruxelles è molto attiva anche sulle norme che regolano l’uso e la protezione dei Big Data nel rispetto delle norme sulla privacy, anche dopo lo scandalo che ha colpito Cambridge Analytica (coinvolgendo pesantemente Facebook) con le manipolazioni di dati personali ai fini di influenzare l’esito delle campagne elettorali.Su entrambe le sponde dell’Atlantico, in aggiunta, sono forti le perplessità a lasciare non regolato il mercato delle cripto valute con tutti i rischi connessi sia alla creazione di moneta fuori dai circuiti tradizionali (con potenziali effetti dirompenti sul sistema del credito) sia all’uso possibile delle stesse, visto l’anonimato, a fini criminali.Anche sul tema della tassazione ultimamente il presidente Xi Jinping si è espresso in occasione della presentazione del Piano Quinquennale (una sorta di “legge di stabilità” che fissa gli obiettivi dell’economia per il seguente lustro), dichiarando che quanti guadagnano di più devono contribuire maggiormente all’armonia della società anche mediante una tassazione più elevata, una sorta di patrimoniale in salsa cinese.
È lo stesso concetto che ha fatto convergere le potenze del G20 (a Venezia) su una tassazione minima globale per le aziende high tech, alcune particolarmente beneficiate dalle condizioni venutesi a creare con le restrizioni ante Covid, e quindi il maggior ricorso a tecnologie digitali per consentire il distanziamento sociale.Pur con la comprensibile apprensione nel valutare i comportamenti di leader non eletti con il voto democratico riguardo alle loro politiche rispetto al libero mercato, non possiamo non sottolineare la comunanza tra la necessità, evidenziata già da Adamo Smith, di regolamentare la concorrenza, stroncare i monopoli e riequilibrare con la tassazione il contributo di tutti allo sviluppo ordinato dell’intera comunità.Il mito del capitalismo libero (e senza regole) è tramontato sia ad Est che ad Ovest, soprattutto nel tempo in cui viviamo nel quale le sfide per lo sviluppo mondiale sono globali (pandemie, clima, scarsità di alcune risorse, cyber security, terrorismo e così via) e richiedono una risposta coordinata tra gli Stati, a protezione dei singoli cittadini anche a costo di imbrigliare, perlomeno parzialmente, scarificando un po’ la libertà degli spiriti animali. L’obiettivo? Una società più inclusiva e con maggiori opportunità e tutele per tutti.