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Incontinenza urinaria

Lo sfintere urinario artificiale, AMS 800™ è prodotto da Boston Scientific

se provocata da sforzo AMS 800 è la soluzione

PRODOTTO DA BOSTON SCIENTIFIC, QUESTO DISPOSITIVO E’ UNA PROTESI IDRAULICA

di Katrin Bove

L’International Continence Society (ICS) definisce l’incontinenza urinaria come “qualsiasi perdita involontaria di urina”1 Si tratta di una patologia che riconosce varie cause, che essenzialmente determinano una perdita di controllo della minzione volontaria oppure un deficit del meccanismo di chiusura della vescica (sfintere uretrale). Questo rende ragione delle diverse manifestazioni cliniche.In tutti i casi è una situazione fortemente invalidante per l’individuo che ne soffre, generando spesso forte perdita di autostima e compromettendo la vita quotidiana, con pesanti impatti sui rapporti di coppia, lavoro, mobilità e relazioni sociali. In Italia, l’incontinenza urinaria colpisce almeno 5,1 milioni di persone sopra i 18 anni (3,7 milioni di donne e 1,4 milioni di uomini)2. Per gli uomini, l’incontinenza urinaria – cosiddetta da sforzo, perché si manifesta in concomitanza di incrementi della pressione all’interno dell’addome, come si verifica durante uno sforzo fisico anche leggero (camminare, sollevare pesi, salire le scale) – si manifesta nella maggior parte dei casi come conseguenza di interventi chirurgici sulla prostata, prevalentemente per tumori maligni di questa ghiandola. L’incontinenza urinaria è frequentemente presente subito dopo interventi di asportazione radicale della prostata, tendendo poi a scomparire dopo qualche settimana dall’intervento. In una percentuale variabile tra il 5 e il 10% tende tuttavia a persistere anche a distanza di mesi o anni dall’intervento2. Le linee guida EAU (European Association of Urology)3 indicano l’impianto di sfintere urinario artificiale come gold standard per il trattamento dell’incontinenza urinaria (moderata-severa) da incompetenza sfinterica dopo prostatectomia radicale. Lo sfintere urinario artificiale si pone quindi come soluzione efficace e risolutiva per il paziente. Tuttavia, nonostante le indicazioni ed i numerosi vantaggi di questa tecnologia, i dati dimostrano un suo sottoutilizzo: secondo le analisi SDO 2016, in Italia vengono effettuati non più di 240 impianti l’anno a fronte di un fabbisogno stimato di circa 1000 pazienti 2. I motivi della mancata adozione di questa soluzione chirurgica sono molteplici. I principali sono l’assenza di una corretta informazione per i pazienti e la mancanza di un adeguato rimborso della procedura da parte del Sistema Sanitario Nazionale.

L’incontinenza urinaria colpisce oltre 5 milioni di italiani maggiorenni, sette su dieci donne

Questi argomenti sono stati discussi insieme con il Dottor Alberto Tagliabue, Direttore f.f. dell’U.O.C. di Urologia e Responsabile della Struttura semplice di Neurourologia dell’Ospedale di Magenta (MI), che ha spiegato come l’impianto della protesi urinaria artificiale AMS 800™ possa considerevolmente migliorare la qualità di vita dei pazienti che soffrono di incontinenza urinaria, e come mai sia, di fatto, una soluzione per pochi.

Dottor Alberto Tagliabue

Per quali pazienti è indicata la protesi urinaria artificiale AMS 800™?

Lo sfintere urinario artificiale, noto come AMS 800™ prodotto da Boston Scientific, è un dispositivo indicato per risolvere i problemi di incontinenza urinaria da sforzo causata, in circa il 95 % dei casi, da interventi sulla prostata per tumore maligno e nei rimanenti casi da interventi endoscopici per iperplasia prostatica benigna, oltre che per correggere l’incontinenza urinaria da sforzo che riconosca cause neurologiche sia congenite ( mielomeningocele per esempio) che acquisite (traumi midollari lombari).

Come funziona il dispositivo?

AMS 800™ è una protesi idraulica costituita da tre componenti. Il primo è una pompa che viene allocata sottopelle all’interno dello scroto; non è quindi visibile ma è palpabile in quanto dovrà essere utilizzata dal paziente per gestire la minzione. Il secondo componente è una cuffia che viene posizionata attorno all’uretra bulbare per i maschi e attorno al collo della vescica per le donne. Il suo scopo è quello di permettere l’apertura e la chiusura dell’uretra, sostituendo la funzione del muscolo sfintere striato dell’uretra che è stato lesionato durante l’intervento alla prostata. Il terzo componente è un reservoir, un piccolo pallone che viene posizionato a livello addominale, in regione parainguinale, in genere a destra. All’interno della protesi, che viene per così dire assemblata all’interno del corpo del paziente collegando le tre componenti, scorre una soluzione costituita da mezzo di contrasto iodato e soluzione bidistillata. In condizioni di normale riempimento vescicale la cuffia protesica è riempita di liquido e stringe l’uretra impedendo le perdite urinarie. Quando il paziente desidera urinare non deve fare altro che azionare la pompa che ha nello scroto in modo da permettere il rilascio del liquido che dalla cuffia migra nel reservoir. In questo modo, la cuffia allenta la stretta sull’uretra ed il paziente può urinare. Automaticamente, dopo qualche minuto, si ricostituisce l’equilibrio per cui la cuffia viene nuovamente riempita di liquido tornando così a restringere l’uretra e rendendo il paziente di nuovo continente.

Può descrivere brevemente in cosa consiste la procedura chirurgica?

L’intervento è un intervento raffinato che consiste nel montare i tre componenti della protesi all’interno del corpo del paziente, collegandoli tra loro. Si pratica in genere in anestesia spinale e può durare al massimo fino alle 2 ore. Il paziente si trova sul lettino in posizione ginecologica; successivamente si procede incidendo la cute tra lo scroto e l’ano in modo da isolare l’uretra e misurare la sua circonferenza per scegliere la dimensione della cuffia più adatta per il paziente. In un secondo momento si passa all’incisione inguinale per posizionare il reservoir nell’addome e la pompa a livello dello scroto. Una volta posizionati tutti gli elementi è possibile collegarli tra loro e riempirli con il liquido composto da mezzo di contrasto e soluzione bidistillata. Dopo l’operazione è prevista una degenza di circa 2-3 giorni, al termine della quale il paziente viene dimesso con la protesi disattivata.

Dopo quanto tempo dall’intervento è effettivamente possibile utilizzare la protesi?

La protesi viene attivata dopo circa 6 settimane dall’impianto per permettere la guarigione chirurgica delle ferite. Al paziente viene mostrato come utilizzare il dispositivo e gli viene fornito del materiale illustrativo affinché possa essere autonomo nella gestione della protesi. Al paziente viene fornito anche un talloncino che segnala l’esistenza del dispositivo, in quanto la presenza della protesi sfinterica controindica qualsiasi tipo di chirurgia uretrale.

Dopo quanto è possibile riprendere attività fisica e sessuale?

Una volta attivata la protesi, immediatamente.

In base alla letteratura scientifica, qual è la percentuale di successo dell’impianto?

A lungo termine le percentuali si aggirano attorno al 75-80%, dimostrando che la protesi può essere considerata una cura efficace e molto spesso risolutiva per i pazienti.

Quali sono i vantaggi di AMS 800™ rispetto ad altre opzioni chirurgiche e non?

Il principale vantaggio della protesi AMS 800™ è il suo comportamento para-fisiologico. La protesi ha infatti un’azione dinamica che mima il processo della minzione: quando il paziente desidera urinare, può dare inizio alla minzione semplicemente attivando la pompa a livello scrotale. Questo la differenzia da altri dispositivi presenti in commercio che non hanno questa ciclicità di funzionamento, ma si limitano ad avere un effetto ostruente, impedendo la fuoriuscita di urina. Tuttavia, anche questo tipo di dispositivi ha una sua indicazione e una sua efficacia, soprattutto però per il trattamento di incontinenza urinaria di minore entità.  Grazie al suo comportamento para-fisiologico, la protesi AMS 800™ riesce inoltre a restituire al paziente una qualità di vita dignitosa, permettendogli di riconquistare la sua routine ed i rapporti sociali. Quest’ultimo aspetto non è reso possibile dai trattamenti non chirurgici di tipo conservativo, come per esempio materiale di assorbenza, che dovrebbero essere utilizzati solo per casi di incontinenza minima.

Quali sono gli ostacoli organizzativi che fanno sì che solo una parte di ridotta di pazienti possa ricevere questa soluzione?

Il problema è squisitamente economico. L’azienda ospedaliera sostiene il costo della protesi, ma la Regione non rimborsa l’intera spesa dovuta alla protesi in sé, all’intervento e alla degenza. A grandi linee, viene rimborsato all’ospedale che la esegue circa un terzo del costo totale della procedura. Questo fa sì che solo pochi centri effettuino tale tipologia di intervento. Considerati anche i risultati dello studio condotto dal prof. Mennini2, il quale ha mostrato che, sommando il costo dei materiali di assorbenza e delle complicanze dell’incontinenza, gli impianti di sfintere artificiale risultano cost-effettive rispetto al solo utilizzo dei presidi per assorbenza, il ricorso alla procedura dovrebbe essere sostenuto dal SSN nei pazienti eleggibili, ad esempio attraverso l’implementazione di extra rimborsi ad hoc per la procedura. Questo senza valutare il guadagno in termini di qualità di vita, che difficilmente può essere quantificato in termini economici.