di Katrin Bove
I MODELLI IDRAULICI COSTITUISCONO LA MODALITA’ DI TRATTAMENTO PER CHI E’ AFFETTO DA DISFUNZIONE ERETTILE CON IL PIU’ ALTO TASSO DI GRADIMENTO DA ENTRAMBE LE PARTI.
Il Dott. Edoardo Pescatori è uno Specialista in Urologia dedicato all’Andrologia. È stato co-Direttore Scientifico del Giornale Italiano di Medicina Sessuale e Riproduttiva, ed ha realizzato il primo Registro Nazionale di raccolta dati sull’Implantologia Protesica Peniena, nell’ambito della Società italiana di Andrologia. È attualmente Coordinatore del Servizio di Andrologia di Hesperia Hospital, Modena
Dottor Pescatori, che cosa sono esattamente le protesi peniene?
Le protesi peniene sono dei moderni presidi terapeutici con un ruolo strategico per gli uomini con severa difficoltà di erezione, in quanto permettono il ripristino di una funzione fondamentale: la funzione sessuale.La difficoltà di erezione, o “Disfunzione Erettile”, è una patologia che può avere origini diverse ma che può colpire anche uomini giovani, con impatti pesantissimi sulla qualità della vita. Scientificamente, la Disfunzione Erettile è definita come l’incapacità ricorrente o persistente a raggiungere e/o mantenere un’erezione adeguata per un soddisfacente rapporto sessuale (National Institute of Health [NIH] Consensus Document).
La protesi peniena sembra essere un’opzione terapeutica poco conosciuta anche dalla classe medica: ci può illustrare la sua funzione?
Viviamo nell’era dei farmaci orali per favorire l’erezione, e talora si rischia la banalizzazione della disfunzione erettile, ridotta a disturbo che si ritiene sia sempre curabile con una pillola. Purtroppo così non è: esistono vari livelli di gravità del deficit erettile, che culminano nell’”end stage organ disease”: un pene con severe alterazioni strutturali che non risponde più a stimoli farmacologici né di tipo orale, le “pillole per l’erezione”, né di tipo iniettivo nel pene: la prostaglandina o papaverina. In questi casi l’impiego della protesi peniena, analogamente ad esempio alla protesi d’anca o di ginocchio, permette la ripresa della funzione dell’organo specifico: l’erezione.
Esattamente in che cosa consiste l’impianto?
Consiste in due cilindri che vengono inseriti nelle due camere dell’erezione del pene, i corpi cavernosi, allo scopo di fornire al pene la rigidità sufficiente per permettere un’attività sessuale penetrativa. I tipi di cilindri impiantabili sono sostanzialmente due: cilindri di consistenza costante, le protesi semirigide, o di consistenza variabile, le protesi idrauliche. Queste ultime forniscono i migliori risultati estetici e funzionali sia per il paziente che per la partner, in quanto riproducono fedelmente i due stati del pene: la flaccidità e la piena erezione. Le protesi idrauliche permettono di ottenere un’erezione virtualmente non diversa da quella naturale, con la stessa sensibilità e capacità di eiaculazione presenti prima dell’intervento, e con immutata funzione urinaria. Con la protesi idraulica l’erezione viene indotta volontariamente, azionando manualmente un piccolo dispositivo di controllo riconoscibile sotto la cute scrotale: tutti gli elementi della protesi non sono infatti visibili dall’esterno.
Dott. Pescatori, da quanto ci ha detto sembra emergere una innovazione terapeuticaveramente “risolutiva” – Ma quali sono le attuali possibilità per un uomo che soffra di difficoltà erettile grave di accedere a queste soluzioni?
Purtroppo – e lo dico con grande rammarico ma con altrettanta determinazione – oggi non è per nulla agevole accedere all’impianto protesico, soprattutto di tipo idraulico, nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale., La protesi peniena è una prestazione teoricamente prevista dalla sanità pubblica, ma il sistema dei DRG (cioè il sistema di classificazione e finanziamento dell’attività ospedaliera) prevede un rimborso il cui importo non copre neppure metà del costo del dispositivo (protesi idraulica tricomponente). Pertanto, ad oggi, l’impianto protesico penieno rappresenta un intervento “in perdita” per la struttura pubblica; ciò si riflette in un esiguo numero di impianti a disposizione nei già pochi Centri pubblici che eseguono questa chirurgia. Quanto sopra si traduce, inevitabilmente, in una notevole difficoltà di accesso a questa opzione terapeutica, con liste d’attesa che non di rado superano i due anni.Purtroppo anche la recente revisione dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) non ha introdotto un’attenzione alla tutela della salute sessuale maschile, rispetto ad esempio a quella femminile: è prevista la rimborsabilità per la protesi mammaria, per ripristinare “una visione anatomo-estetica del corpo” dopo la mastectomia, ma non vi è menzione della protesi peniena dopo una chirurgia radicale pelvica, nonostante questo intervento non si limiterebbe a ripristinare semplicemente l’estetica, bensì una funzione: la funzione sessuale. Con CITTADINANZATTIVA, Associazione che ha come mission la tutela dei diritti dei cittadini, stiamo mettendo in atto tutte le possibili strategie che favoriscano l’accesso all’opzione protesica peniena, in particolare per chi è affetto da grave deficit erettile secondario, a seguito di una chirurgia radicale pelvica per neoplasia maligna.
In quali casi è indicata la protesi?
La protesi peniena è indicata in tutti quei casi in cui vi sia una difficoltà erettile non responsiva a farmaci orali o iniettivi, e nei casi di severa curvatura acquisita del pene, la “malattia di La Peyronie”, in cui la fibrosi che si sviluppa all’interno del pene determina gravi deformazioni e perdita di dimensioni, appunto correggibili con la protesi.Ma sarebbe un errore considerare la protesi peniena come “l’ultima spiaggia” per chi ha una difficoltà di erezione: i modelli idraulici, infatti, costituiscono la modalità di trattamento per chi è affetto da disfunzione erettile che registra il più alto tasso di gradimento sia da parte dell’uomo, sia della sua partner, rispetto alle altre opzioni terapeutiche: farmaci orali, iniezioni dirette nel pene e pompe a vuoto. Le linee guida europee (1) indicano infatti la protesi non solo per chi non risponde ad altri trattamenti, ma anche per chi desideri una soluzione definitiva al proprio problema. Nel trattamento di una sessualità ferita non è infatti sufficiente disporre di una terapia che, semplicemente, “funzioni”, ma della soluzione che, oltre ad essere efficace, sia gradita e ripristini nella maniera più naturale possibile la funzione persa. In caso contrario il rischio sarebbe quello di avere un rimedio efficace, ma non gradito, e quindi non utilizzato. In tal senso l’impianto protesico penieno rappresenta una soluzione risolutiva grazie a elevati tassi di efficacia, sicurezza e soddisfazione.
Al di là delle linee guida, nella vita reale chi si sottopone più frequentemente all’ impianto di una protesi di questo tipo?
A questa domanda possiamo oggi finalmente dare risposte precise, grazie a Registri di raccolta dati. Al mondo attualmente ne esistono 2: il Registro Italiano (2) e quello Statunitense (3). Entrambi riportano come prima causa di impianto la difficoltà erettile grave a seguito di una chirurgia radicale per tumore della prostata: in Italia questo riguarda oltre il 35% dei pazienti che riceve una protesi peniena. Il carcinoma prostatico è il tumore più frequente nella popolazione maschile dei Paesi occidentali, e la sua chirurgia – con qualsiasi tecnica venga eseguita – è “gravata” da disfunzione erettile nel 25-75% dei casi. È pertanto una buona notizia per questi uomini sapere che esiste una soluzione terapeutica – la protesi peniena – che permette di recuperare brillantemente la possibilità di una vita sessuale pienamente soddisfacente. Per questo è importante perseguire a tutti i livelli – società scientifiche, associazionismo, politica – l’inserimento del diritto alla salute sessuale maschile nei Livelli Essenziali di Assistenza, e parimenti permettere una reale disponibilità delle protesi peniene nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale mediante la definizione di un DRG remunerativo, così da rendere effettivamente accessibile questa opzione terapeutica a tutti i pazienti che la necessitano.