di Marco Margarita
Si chiama cashback e, almeno nelle intenzioni, è l’ultimo strumento creato per fronteggiare, o quanto meno arginare, l’evasione fiscale. A dispetto del nome in realtà consiste in uno strumento attraverso il quale si incentiva l’utilizzo di mezzi di pagamento elettronici a fronte dei quali il consumatore-contribuente riceve un riaccredito rispetto alle spese sostenute. Il funzionamento è semplice, ma ciò che va analizzato è se lo stesso costituisca un valido strumento di contrasto all’evasione fiscale oppure rappresenti un elemento discriminante che appesantisce le uscite erariali a beneficio di una platea più o meno vasta di cittadini. Per comprendere il contesto in cui si inserisce occorre analizzare il problema dell’evasione nel nostro Paese e più in generale il sistema tributario italiano. Se il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ruffini in audizione davanti alla VI Commissione Finanze di Camera e Senato nel mese di gennaio 2021 lancia l’allarme che solo ai fini Irpef sono in vigore circa 150 agevolazioni fiscali, il problema sussiste, eccome se sussiste!
Dai dati emersi dall’ultimo rapporto dell’Agenzia delle Entrate sappiamo infatti che la fetta più importante di evasione è rappresentata dall’Irpef derivante da lavoro autonomo e da impresa, a cui seguono l’Iva e con notevole distacco l’Ires, quale imposta sulle società. Stante questi dati, i tecnici del Mef si sono basati sull’assunto che incentivando l’uso di pagamenti elettronici, le imprese e gli autonomi sarebbero stati indotti a far emergere i ricavi e i compensi non dichiarati. Perché questo assioma non è condivisibile? Bisogna partire dal presupposto che oramai la maggior parte delle imprese commerciali, anche di modeste dimensioni, anche familiari, operano, al fine di salvaguardare il patrimonio personale, attraverso piccole se non familiari società di capitali, quali società a responsabilità limitata -Srl- o più frequentemente società a responsabilità limitata semplificate – Srls-; queste ultime infatti, si costituiscono con l’impiego di modeste cifre, ma hanno la stessa portata delle Srl di maggiori dimensioni, e giuridicamente equivalgono a tutti gli effetti alle società di capitali più strutturate. E’ evidente quindi che in questo caso l’eventuale contrasto all’evasione non avrebbe effetto sull’Irpef ma sull’Ires. Va aggiunto poi che soprattutto il commercio al dettaglio ormai, piaccia o non piaccia, si va sempre più orientando verso catene di vendita, soggetti monomarca, o strutture ove comunque l’assetto organizzativo è tale per cui la famigerata “mancata emissione dello scontrino fiscale” è praticamente irrisoria. Un’ulteriore considerazione deriva dal fatto che coloro i quali dispongono in forma più o meno lecita di ingenti quantità di contanti, non andranno a mutare le loro abitudini per effetto dei cosiddetti incentivi derivanti dal cashback. Ciò che potrebbe apparire esilarante, se non fosse per la serietà dell’argomento, è l’anomalia derivante dal fatto che i vantaggi maturati dal cashback si realizzano anche all’atto del pagamento di spese per così dire ‘istituzionali’, quali pagamento di bollo auto, imu, tari, delle bollette di luce e gas, dell’abbonamento alla pay tv, spese mediche e di farmacia, carburante…, spese il cui pagamento con moneta elettronica non rappresenta di sicuro un incentivo all’emersione del “nero”.
Cosa dire, ma soprattutto cosa fare a questo punto. Partire dal presupposto che in generale gli incentivi fiscali non possono e non devono essere occasionali o dettati dal consenso politico del momento, essi vanno contestualizzati in un’ottica di portata più ampia che rappresenti non solo un beneficio per il contribuente ma un incentivo ad una scelta il cui vantaggio sia a favore dell’intera collettività. Bene allora gli ecobonus, agli incentivi a favore del miglioramento del patrimonio edilizio, ivi comprese le misure antisismiche, alle misure a favore del green in tutte le sue forme, agli incentivi all’assunzione dei dipendenti equelli finalizzati al potenziamento delle società attraverso l’intervento di capitali. In altri termini, la logica premiale per il contribuente dovrà avere una portata di benefici a medio lungo termine per la collettività. Il modus operandi deve essere quello del valido imprenditore che mantiene ferma la rotta utilizzando strumenti diretti e ben definiti che puntano al miglioramento del risultato economico della propria azienda, senza disperdere risorse in micro obiettivi che oltre a non creare alcun beneficio per il donante e il ricevente indeboliscono inevitabilmente il sistema produttivo.
Tralasciando a valutazioni di tipo diverso tutti gli aspetti agevolativi connessi al welfare, si ritiene di poter affermare che l’universo delle agevolazioni fiscali vada rivisto in un’ottica di pochi e importanti obiettivi con il duplice effetto di contrasto dell’evasione fiscale e di beneficio nei confronti della collettività, e non da ultimo alla creazione di nuovi posti di lavoro, realizzando un azzeramento di tutte le micro e inutili misure agevolative che, lungi dal raggiungere un determinato obiettivo, rappresentano ulteriori oneri per le casse erariali, realizzando talora paradossalmente effetti distorsivi nella platea dei cittadini-contribuenti: si pensi al caso dei pensionati che difficilmente riusciranno a districarsi nell’utilizzo di un’App propedeutica ad acquisire il beneficio del cashback. Non può quindi che registrarsi l’incongruenza derivante da uno strumento che necessariamente andrà ad escludere determinate categorie di soggetti a beneficio di pochi ma in possesso di maggiori disponibilità finanziarie, senza il raggiungimento del vero e proprio obiettivo per cui è nato.
E’ auspicabile che il nuovo Governo Draghi da poco insediatosi, nell’ambito della promessa riforma fiscale voglia considerare la necessità di rivisitare integralmente la materia. E’ imprescindibile quindi un intervento pregnante sulla vigente normativa fiscale non solo vetusta ma interessata sistematicamente da micro provvedimenti tampone che ne hanno snaturato la mission iniziale di chi ebbe a progettarla; e quindi l’opportunità o meno d mantenere od eliminare strumenti più o meno efficaci andrà valutata nell’ambito di un disegno ampio e mirato, considerando sì gli aspetti sociali, e il necessario gettito per l’erario, ma anche e soprattutto i costi-benefici di strumenti come quello trattato o comunque ad esso analoghi.